Premessa
Una nuova sentenza della Cassazione sulla responsabilità dei medici (sez. IV
Penale, sentenza n. 13758/11; depositata il 7 aprile) che non mancherà di
suscitare dibattito e polemica. Questa volta i giudici della Suprema Corte hanno
stabilito il principio, rifacendosi anche a precedenti pronunzie della stessa
Corte di Cassazione, secondo il quale un medico non può essere giudicato
colpevole di atti omissivi senza valutare le conseguenze pratiche della presunta
omissione. Ciò vuol dire che sbagliare diagnosi e omettere di prescrivere
accertamenti conseguenti non costituisce di per sé una mancanza professionale
perseguibile qualora non sia dimostrabile che quello sbaglio sia stato causa
diretta di danni al paziente. In altre parole, se non è certo che il paziente
poteva essere salvato da una diagnosi corretta, il medico non va punito anche se
ha sbagliato diagnosi.
Il caso era quello di una dottoressa ligure condannata a due anni di reclusione
in primo grado nel dicembre 2008 con l’accusa di omicidio colposo. Il Tribunale
di Genova aveva infatti riconosciuto un comportamento omissivo da parte del
medico nei confronti di un paziente da lei visitato in pronto soccorso che
accusava dolore toracico, formicolio al braccio sinistro, ipertensione. Eseguito
l’elettrocardiogramma che dava risultato negativo, il paziente veniva dimesso
senza prescrizioni particolari. La notte successiva il paziente decedeva a causa
di “acuta insufficienza cardiocircolatoria, secondaria a tamponamento cardiaco
da rottura della parete posteriore del ventricolo sinistro in soggetto con
infarto miocardio acuto".
La responsabilità del medico, secondo i giudici di primo grado, stava nel fatto
di aver omesso di prescrivere immediatamente l’esecuzione di esami di
laboratorio finalizzati allo studio di enzimi cardiaci di necrosi miocardica.
Secondo la Corte di Appello, invece, il medico andava assolto “non potendosi
ritenere certo che l’immediato ricovero del paziente, ad infarto praticamente
già in atto, presso un’unità cardiologica attrezzata avrebbe potuto scongiurare
la rottura del cuore”.
E inoltre, rileva la Cassazione, nella sua sentenza di conferma
dell’assoluzione, la Corte di Appello aveva “conclusivamente rilevato che
l'effettuata valutazione controfattuale non consentiva di affermare in termini
di certezza che, nel caso in cui fosse stato posto in essere il comportamento
richiesto dall'ordinamento, l'evento non si sarebbe verificato ovvero che si
sarebbe verificato in epoca significativamente posteriore”.
Da qui la decisione della Cassazione di rigettare il ricorso della Procura
generale della repubblica presso la Corte di Appello di Genova, confermando
quindi la sentenza di assoluzione per il medico.
Sul tema vedi anche altra sentenza della Cassazione che ha confermato
assoluzione per medici di fronte a "casi difficili" e "urgenti".
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